Immondizia a Napoli
11 gennaio 2008
Da oltre una settimana, le strade di Napoli sono piene di rifiuti. Ad ogni angolo, in ogni spazio anche del centro storico della cittá, i rifiuti riempono marciapiedi, sbarrano il passo alla passeggita domenicale, bloccano le strade, impediscono l’entrata agli uffici, alle case ed alle scuole. E fin qui nessuna novitá. Quella che é stata l’emergenza dieci anni fa e che il governó pensó bene di risolvere inviando, nel 1994, un commissario speciale del governo centrale perché risolvesse il problema, oggi é diventata la normalitá di una vita contaminata dai rifiuti presenti ovunque e dal fumo generato dagli incendi criminali che cercano di comporre il problema. Peró oggi la gente é stanca. E protesta.
Cercare spiegazioni e responsabilitá é compito difficile. E non perché non vi siano, piuttosto perché son troppe e molto radicalizzate. Grosso modo possiamo indicare tre aree di responsabilitá diretta in tutto questo disastro che oggi preoccupa il governo piú per l’immagine che offre la cittá in vista del Foro Universale delle Culture (che sará ospitato quest’anno proprio dalla cittá partenopea con un investimento pubblico/privato da capogiro), che per i risultati di tale situazione (secondo dati OMS, il tasso di tumori in Campania é un 12% piú elevato che nel resto del paese).
“La munnezza è oro”, diceva il collaboratore di giustizia, l’ex camorrista Nunzio Perrella, agli inizi degli anni ’90. Lo diceva 20 anni fa e nessun fece niente. E’ qui il primo responsabile: la mafia, che da queste parti si chiama Camorra.‘O Sistema’, come anche la si chiama, guadagna con il business dei rifiuti circa un miliardo di euro l’anno, tra fondi statali ed europei che riesce ad intercettare e il servizio di smaltimento dei rifiuti che offre. Un affare completo che serve un po’ a tutti. Un esempio su tutti: se lo smaltimento dei rifiuti tossici – i piú pericolosi – costa tra i 20 e i 60 centesimi al chilo, la Camorra é capace di offrire il medesimo servizio a soli 10 centesimi. Come? Interrando.
La Campania oggi é la piú grande discarica europea e conserva sottoterra una quantitá tale di rifiuti che tirarla fuori dagli improvvisati depositi permetterebbe di formare una montagna alta 14 km su una base di tre ettari. Rifiuti, la cui maggior parte sono generati dalla produzione industriale del nord Italia e dei paesi europei.
Abbiamo qui il secondo grande responsabile di questa situazione: l’industria e, in generale, un sistema produttivo incapace di generare beni senza contaminare (si calcola che l’81% dei rifiuti europei sono di origine industriale). Il silenzio degli industriali italiani in questi giorni attribuisce una precisa responsabilitá a coloro che per decenni hanno accettato forme piú snelle di risolvere i problemi dei rifiuti...e oggi si girano dall’altra parte (magari cercando altri luoghi dove interrare rifiuti). Il tutto con l’assenza di coloro che governano la regione ed il paese.
Ed ecco il terzo colpevole:
Oggi la crisi esplode ancora. Di nuovo la rabbia di centinaia di migliaia di cittadini esplode nelle strade di Napoli. Il rimedio trovato dall’attuale governo – aprire nuovamente la vecchia discarica di Pianura, nella periferia della cittá – non piace alla popolazione. La gente vuole soluzioni integrali, non paliativi. E mentre organizza le proteste, blocca le strade, impedisce il lavoro nei pubblici uffici, sequestra autobus, si scaglia contro il governo, costruisce reti di mutuo soccorso che si impegnano nella raccolta differenziata e nel riciclaggio, Romano Prodi, primo ministro italiano, chiama alla calma e promette una “soluzione definitiva”. Quale? Aprire altre discariche ed impulsare inceneritori di ultima generazione. E se la popolazione non vuole la discarica di Pianura, come sta dimostrando in questi giorni con i blocchi, il governo manda la polizia e non scarta la possibilitá di inviare l’esercito (richiesto a gran voce dalla destra). Come giá dimostrato troppe volte, anche qui il governo non ascolta l’opinione pubblica e manda specialisti foranei protetti dalle truppe.
o La gente intanto resiste e si organizza. Perché qui non si tratta di interrare altri rifiuti, piuttosto di interrogare una societá e un modello di produzione e di consumo che si reggono sullo slogan “usa e getta”, che forse appartiene ad altri tempi, quelli della societá di consumo. Oggi la societá é cambiata e la gente di Napoli, che da sempre ha potuto trovare lavoro e reddito quasi solo nelle file della Camorra, sa che oggi viviamo nella societá della precarietá e da questa si esce solo organizzandosi per conto proprio.
Napoli, cassonetti in fiamme
rivolta contro l'immondizia
Nei paesi chiusi uffici e mercati,
superordinanza del governo
che proroga lo stato d'emergenza in vigore già da nove anni
di ELEONORA BERTOLOTTO
NAPOLI - La
notte, ancora una volta, è stata piena di roghi. Hanno incendiato i cassonetti
da Ponticelli a Fuorigrotta, da un lato all'altro
della città, con una foga sacrificale che non si conosceva da anni. Cassonetti
sotterrati dall'immondizia accumulata per giorni si presentano ora deformi, con
le bocche spalancate, tra i resti carbonizzati del festino notturno.
Il centralino dei vigili del fuoco è andato in tilt, sommerso dalle chiamate.
Chi chiede un intervento si mette in lista. Qualcuno provvede a spegnere le
fiamme da sé, qualcuno esce di casa in piena notte con i figli, per paura del
fumo. I vigili arrivano, quando arrivano, scortati dalla polizia. "Siamo
di fronte a una forma nuova di disordine", dice da Roma il ministro
Pisanu. E il vicepremier Fini: "La questione rifiuti in Campania ha
superato i limiti della decenza". In serata il consiglio dei ministri
prorogherà di un altro anno, fino al 2004, l'emergenza e varerà una
superordinanza destinata a rafforzare il ruolo di Bassolino, presidente della
Regione e commissario ad acta.
La città
si interroga sui roghi. Chi appicca il fuoco, lo fa con metodo: file di
cassonetti si trasformano in immensi falò, che sfiorano i primi piani delle
case. Succede nei paesi, in periferia, ma anche in zone borghesi come Fuorigrotta, dove il presidente della circoscrizione chiede
di chiudere le scuole, visto che molti incendi scoppiano presso gli istituti,
costringendo i bambini a camminare tra i fumi tossici. Da Palazzo San Giacomo
rispondono che, se la situazione non migliorerà, le scuole chiuderanno anche a
Napoli. Chi sono i piromani? Solo gente esasperata? Possibile. O al soldo della
camorra, come denuncia Bassolino? Probabile, perché alla fine si dovranno
sostituire i cassonetti squagliati. Così nei paesi, vigili e polizia di notte
viaggiano a fari spenti, nel tentativo di mettere le mani su chi appicca il
fuoco. Ne hanno preso solo uno, a Pianura. E' un pensionato. Dice. "Non ne
potevo più di quella puzza".
La situazione è tale che il sindaco Rosa Russo Iervolino rivolge un appello ai
napoletani: "Non c'è pericolo di infezione, e i roghi aggravano solo
l'inquinamento dell'aria". Ma l'impazzimento è generale e ieri, mentre i
consiglieri di An occupano la sala giunta sostenendo che "la città va
pulita sempre", i disoccupati organizzati incendiano, in pieno giorno, i
cassonetti sul lungomare, mentre un commando in Vespa costringe un
camion a scaricare l'immondizia in via Chiatamone,
nel cuore di Napoli, provocando tra l'altro un ingorgo che paralizza il
traffico.
Maggio dei monumenti, uno spettacolo surreale, con il circuito dei
Decumani, su cui si affacciano decine di chiese, lambito dalla marea montante
della spazzatura. Turisti con i fazzoletti premuti sul viso, esterrefatti e
anche un po' divertiti ("
La crisi è spaventosa soprattutto nell'area a nord di Napoli e nella fascia
vesuviana. Grossi comuni hanno chiuso scuole, mercati, uffici. E' accaduto, per
esempio, a Torre Annunziata dove il sindaco ha emesso l'ordinanza "per
evitare epidemie", ma è stato costretto a mandare in forze vigili, Guardia
di finanza e polizia per domare la protesta degli ambulanti. Città semideserte,
perché la gente evita di uscire. Ieri, con le scuole chiuse e un caldo già
quasi torrido, si incontravano ben pochi bambini per strada: topi, scarafaggi e
paura delle malattie mortificano anche la voglia dei giochi.
prigionieri della spazzatura
Napoli assediata dai suoi rifiuti
Mancano
le discariche. Ma i Comuni non le vogliono nei loro territori
di
ATTILIO BOLZONI
NAPOLI - Per tre volte ha provato a infilarsi nella solita strada,
quella che porta alla tangenziale. E per tre volte il vigile urbano Nicola Di
Bonito è tornato indietro. "C'era una barriera alta quattro o cinque metri
e lunga venti, da lì non si poteva passare più, ho preso un'altra strada
contromano e così ce l'ho fatta a uscire da casa", racconta mentre ci
accompagna alla montagna che butta fumi e veleni. Quelli come Nicola, qui li
chiamano "i prigionieri della monnezza".
Qui è Napoli, Napoli che affoga nei suoi rifiuti.
Quella strada ormai è a senso unico, è una corsia sola, l'altra è una striscia
che scende e sale da Pozzuoli a Toiano e poi ancora
giù a Monterusciello, quattro o cinque chilometri di
sacchi che bruciano, ferraglia, legni, lattine di pomodoro, copertoni, vetri,
cassette di frutta, cartoni, bottiglie, una fogna a cielo aperto che si
arrampica fino alla casa di Nicola e di altre trecento famiglie.
Erano tutti intrappolati là sopra in via Cupa delle Fescine,
accerchiati dalla spazzatura, isolati da giorni. Poi qualcuno ha mandato le
ruspe e spostato la montagna di qualche metro per aprire un varco e farli
passare. Ma la "monnezza" l'hanno lasciata.
È ancora lì, più alta e puzzolente di prima, pressata, tutta schiacciata sui
cancelli di un cantiere. Forse verranno tra una settimana a spazzarla via, in
questa contrada segnata sulla mappe come "il parco dei fiori". O
forse verranno fra un mese, a caricarla sui camion e seppellirla da qualche
parte.
Siamo partiti dai Campi Flegrei e siamo arrivati ai piedi del Vesuvio, quaranta
chilometri di roghi e di rivolte, una bidonville che si allunga come un
serpente, cinque o seimila tonnellate di immondizia che marciscono nei vicoli e
sulle piazze, la paura di epidemie, i vigili del fuoco che corrono a spegnere
gli incendi, blocchi stradali, discariche che non ce la fanno più a sopportare
gli avanzi della grande Napoli.
È un tanfo che soffoca, che copre l'odore del mare da Mergellina a Bagnoli.
Auto sprofondate tra buste fradice, garage sbarrati dai cassonetti in fiamme,
viali che sono gigantesche pattumiere. Una mattina li svuotano e poi per
settimane la "monnezza" resta ad appestare
l'aria, non passa nessuno a prenderla.
I camion da almeno trenta giorni non vanno più in via Parini a Monterusciello, città nata per accogliere i terremotati di
Pozzuoli, quelli del bradisisma dell'83. Ogni palazzo
ha il suo albero dove scaricare, ogni quartiere ha il suo inferno di odori, le
sue mosche, la sua diossina sprigionata dall'ultimo incendio. Sono gli abitanti
che danno fuoco alle montagne. Scendono per strada e lanciano l'assalto.
"Lo facciamo di media una volta ogni tre o quattro settimane, così arriva
la polizia e dopo qualche ora il Comune manda le pale per raccogliere
tutto", dice Alfredo Lettieri, uno dei disperati
di via Parini.
Se non c'è rivolta, non c'è raccolta di rifiuti nella grande Napoli. Le donne
di via Parini mostrano le ricevute di pagamento della tassa dell'immondizia:
196 euro l'anno per un appartamento di 67 metri quadrati. Un salasso. Più cara
che al centro di Roma. "Noi paghiamo regolarmente ma loro vengono solo
quando diamo fuoco a qualcosa", urla Assunta Iaccarino al ventesimo giorno
di attesa di una pala. A Reginelle è anche peggio.
Nemmeno con la rivolta ce le mandano là sotto le ruspe e i camion.
All'inizio della settimana hanno portato via qualche tonnellata di pattume a
Mergellina e pure a Fuorigrotta. A Scampia, c'è
voluto il monito del cardinale Crescienzio Sepe per vedere le strade sgombre. Nella parrocchia del
Buon Rimedio, il capo della chiesa napoletana ha alzato la voce: "Questa
città è un dono di Dio, si dovrebbe sentire profumo di mare e invece giro per
le strade e non è possibile vedere quello che c'è... Puliamola all'esterno
Napoli, se vogliamo che sia pulita dentro". Il sindaco Rosa Iervolino gli
ha dato ragione. Sfidando le ire degli ambientalisti ha promesso un
termovalorizzatore, però non sa ancora in quale punto della città potrebbero
costruirlo. Non c'è più spazio a Napoli.
L'assessore comunale alla Nettezza urbana Gennaro Mola ogni sera controlla
tabelle, fa i suoi conti. Ha calcolato che negli ultimi tre giorni la città è
stata liberata di quasi 5 mila tonnellate di rifiuti. Il capo della Protezione
civile Guido Bertolaso tornerà a Napoli venerdì, vuole scoprire quando e se
finirà l'"emergenza".
Ha già incontrato i prefetti della Campania e il governatore Bassolino. Mancano
le discariche. Ma i Comuni non le vogliono nei loro territori. Si ribellano. E
così, in questa caldissima estate, sta ridiventando tutta una discarica
Per andare nei paesi sotto il Vesuvio bisogna passare dalla marina. Se tira
vento i sacchetti di plastica galleggiano tra le onde, quando si arriva tra
Barra e Sant'Erasmo tutto rimane inesorabilmente a terra. Altre montagne che
bruciano. Cento metri di immondizia, cinquanta metri di fetore e poi altri
cento metri di cumuli. Un paesaggio urbano da brividi. Fino a San Giovanni a Teduccio dove c'è l'autoparco C dell'Asia, l'azienda
speciale per l'igiene ambientale di Napoli. Ci sono sempre camion fermi e
stracolmi, gli autisti stanno per ore lì ad aspettare un ordine, il via libera
per rovesciare il loro carico in qualche buca.
Ecco Ponticelli. Sopra le sue case corre un'altra tangenziale. È un altro
sfacelo. Via Botteghelle, sotto i ponti non si passa
più neanche a piedi, i marciapiedi sono un tappeto di rifiuti, anche qui le
strade hanno una corsia sola. E dopo Ponticelli c'è Volla,
dopo Volla c'è Cercola e
poi Terzigno. Sulla statale numero 268 c'è stato il
fuoco più grande. Dicono che era lungo 7 chilometri.
Dicono che ancora un po' e divorava anche Napoli.
(26 luglio 2006)
Napoli, assalto ai camion dei
rifiuti
I
cassonetti dell'immondizia in fiamme ai piedi del Vesuvio
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Nella notte bruciati due mezzi compattatori: ferito il vice
questore
NAPOLI
La tensione è altissima e ogni notte gli incubi riprendono corpo: a Terzigno le popolazioni della zona vesuviana non vogliono
che venga realizzata la seconda discarica, dopo quella già aperta e che sta
provocando pesanti disagi. Non vogliono nemmeno le violenze e quelle, sono
sicuri, non fanno bene alla loro causa.
Così, in un clima molto difficile, la scorsa notte c’è stato il faccia a faccia
e poi lo scontro tra una parte dei manifestanti, un migliaio, e la polizia che
ha fatto scudo agli autocompattatori che dovevano sversare nel sito. Un vice questore aggiunto ferito al
volto, alcuni manifestanti che hanno denunciato contusioni sono il bilancio di
quello che gli oppositori pacifici non avrebbero voluto succedesse.
Il vice questore aggiunto Sergio Di Mauro, dirigente del commissariato di Acerra, sul posto per rinforzare l’attività di ordine
pubblico, è stato colpito da un sasso che gli ha provocato lacerazioni alla
bocca e la rottura di due denti con il trasporto successivo in ospedale. La
polizia è riuscita alla fine a formare un cordone di protezione che ha
consentito il passaggio di 90 autocompattatori
diretti al sito.
Due mezzi sono stati incendiati, e già altri erano stati bruciati o danneggiati
nei giorni scorsi. Su questi fatti indaga la Procura con l’obiettivo di
individuare gli autori del raid. Il questore di Napoli, Santi Giuffrè ed il sottosegretario all’Interno, Alfredo
Mantovano, additano la camorra e l’area dell’antagonismo come responsabili dei
raid di questi giorni. Dal canto suo il capo della Protezione civile, Guido
Bertolaso, parla di «speculazioni e strumentalizzazioni» in questa vicenda e
accusa il presidente della Provincia di Napoli, Luigi Cesaro,
che non vuole far aprire la seconda discarica nel Vesuvio. «Se non lo fa è
contro la legge», gli dice Bertolaso.
Ma la protesta popolare resta forte. A Terzigno è
infatti già operativa una discarica contro la quale sono scesi in piazza a più
riprese gli abitanti della zona per gli insopportabili miasmi con i quali
inonda le abitazioni del territorio vesuviano. Ora la possibilità di aprire una
seconda discarica, che il capo della Protezione Civile Guido Bertolaso
sottolinea essere contenuta in una legge approvata dalla stragrande maggioranza
dei parlamentari, viene vista come la morte del territorio e contro di essa si
sono schierate le amministrazioni comunali.
A Napoli la raccolta, dopo giorni di grande sofferenza, è ripresa dalla scorsa
notte e anche nel corso della giornata nonostante l’atto criminale che ha
provocato la distruzione di mezzi di raccolta della società Enerambiente
alla quale è delegata una parte del prelievo in città. Sono state prelevate
1400 tonnellate e ne restano a terra ancora 600 ma sia il sindaco di Napoli,
Rosa Russo Iervolino, e l’assessore all’Igiene Urbana, Paolo Giacomelli, sono ottimisti sulla possibilità di riportare
la situazione alla normalità entro pochi giorni. A garantire la sicurezza degli
operatori c’è la scorta della polizia che la scorsa notte ha effettuato un
servizio di protezione ’intelligentè. Dopo aver
acquisito la mappa dei percorsi dei camion, le volanti si sono spostate nei
luoghi del prelievo per consentire che non ci fossero irruzioni che
interrompessero